Importante pronunciamento del Consiglio di Stato sull’accesso civico generalizzato nell’ambito degli appalti pubblici
Gli atti di gara possono essere consultati da chiunque?
20/06/2019 – L’accesso civico negli appalti assicura la trasparenza e il controllo sull’attività della Pubblica Amministrazione, sempre che siano tutelati i dati sensibili e la par condicio dei concorrenti. Lo ha affermato il Consiglio di Stato (CdS) con la sentenza 3780/2019.
Per l’ARI, Associazione Restauratori d’Italia, si tratta di un passo nella giusta direzione della trasparenza. Abbiamo da sempre chiesto su tutti i tavoli istituzionali – senza trovare mai ascolto – la possibilità di accedere agli atti di gara, sopratutto per quanto riguarda le OEPV (Offerta Economica Più Vantaggiosa), troppo spesso strumento per operazioni poco chiare. Con questa sentenza del CdS vediamo confermato la nostra interpretazione della legge.
Il caso
Una società, dopo aver partecipato ad una gara d’appalto indetta da un Comune, aveva presentato istanza di accesso civico generalizzato per visionare gli atti di gara. Il Comune aveva negato l’accesso, sostenendo che non fosse motivata.
La decisione era stata in seguito giudicata legittima dal Tar perché “sarebbe mancato un interesse concreto, diretto e attuale”.
Il Consiglio di Stato ha ribaltato la situazione. Secondo i giudici, “il legislatore, attraverso l’introduzione dell’accesso civico generalizzato, ha voluto consentire l’accesso ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori a quelli oggetto di pubblicazione, a “chiunque”, prescindendo da un interesse manifesto”.
Il CdS ha spiegato che esistano dei limiti all’accesso civico, come il segreto di Stato e altri divieti alla divulgazione previsti dalla legge, ma nella fattispecie in esame, la richiesta di accesso civico generalizzato riguardava gli atti di una procedura di gara ormai definita. La società aveva infatti chiesto la documentazione dei singoli atti della procedura, il contratto stipulato con l’aggiudicataria, i preventivi dettagliati, i collaudi e i pagamenti con la relativa documentazione fiscale dettagliata.
Il CdS ha sottolineato che, nonostante esistano diverse scuole di pensiero sull’argomento, il settore dei contratti pubblici non può essere escluso dall’accesso civico generalizzato, “che mira a garantire il rispetto di un principio fondamentale, il principio di trasparenza ricavabile direttamente dalla Costituzione”.
I giudici hanno poi ricordato che, con la disciplina introdotta dal D.lgs. 97/2016, ispirata al “Freedom of information act (FOIA) si è affermato il principio in base al quale l’accesso civico è riconosciuto ad ogni cittadino con dei limiti oggettivi a tutela degli interessi giuridicamente rilevanti. In questo modo, si legge nella sentenza, il legislatore promuove “forme diffuse di controllo nel perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche”, ma anche la partecipazione al dibattito pubblico.
Anche se, fanno notare i giudici, il D.lgs. 97/2016 non si coordina bene con il Codice Appalti, bisogna ritenere che, con le dovute limitazioni, l’accesso civico si applichi anche al settore degli appalti pubblici.
A gara conclusa, hanno spiegato i giudici, quando viene meno la tutela della par condicio dei concorrenti, l’accesso civico assicura la trasparenza delle procedure. Sulla base di questi motivi, il CdS ha accolto l’appello della società e imposto al Comune di esibire i documenti richiesti.