Tanto per togliere ogni dubbio: l’ARI difende – e difenderà – l’elenco dei restauratori di beni culturali contro ogni tentativo di delegittimazione e di riapertura ex art.182.
Da quando è entrato in vigore, l’elenco vede attacchi da tutte le parti (ANCE, sindacati, associazioni varie, campagne di “denuncia” su Facebooke sui giornali). Evidentemente l’elenco dà fastidio. Ci sono deliranti dichiarazioni di gruppi non meglio identificati e dei soliti sindacati, che chiedono una riapertura del bando (art.182 Legge 42/2004), perché – guarda caso – dopo oltre 3 anni dalla chiusura del bando si sono accorti, che qualcuno per motivi di salute (?) e per motivi personali (!) non vi ha potuto partecipare. È molto sospetto che i sindacati si siano mossi proprio quando l’elenco è entrato in vigore. Per i presunti motivi personali, se anche ci fossero, non si può mettere in discussione un procedimento che è indirizzato, nell’interesse di tutti, verso la tutela dei beni culturali. Ma se ci fossero dei fondati e documentati motivi, le persone interessate hanno tutta la facoltà di utilizzare gli strumenti della giustizia amministrativa per far valere i loro diritti.
C’è, dall’altra parte, una organizzazione, che chiede addirittura l’annullamento totale del bando, perché la norma alla base della selezione non sarebbe stata applicata con la rigidità necessaria. Se effettivamente fossero presenti nell’elenco persone che non hanno i requisiti per esserci, che abbiano ottenuto la qualifica grazie a documenti e/o dichiarazioni non regolari o addirittura falsi, queste devono essere denunciate e rimosse dall’elenco; se ci fossero persone che sono entrate grazie a una non corretta o superficiale applicazione dei criteri previsti dalla legge, dal bando e dalle linee guida è giusto che tali posizioni siano riesaminate. Chi conosce ed ha la certezza di casi per i quali non si sono applicate regolarmente le norme, proceda con la loro denuncia e chieda un riesame delle domande in questione.
Come abbiamo avuto modo di ribadire ormai diverse volte: l’elenco è un punto di partenza, che, con i propri limiti, necessita di ulteriori passi e di disposizioni normative specifiche, che consentano lo sviluppo della professione. Chiedere l’applicazione della legge per vedersi riconosciuto un diritto è legittimo, chiedere l’applicazione della legge per impedire l’esercizio abusivo della professione ottenuta con falsi requisiti è altrettanto giusto e doveroso. Non è né legittimo, né giusto, invece, mettere in discussione l’elenco di qualifica in quanto tale. Per ottenere l’elenco dei restauratori qualificati abbiamo dovuto lottare per 38 anni dalla fondazione dell’ARI, per 18 anni dalla prima definizione della figura professionale, per 15 anni dall’entrata in vigore del Codice dei Beni Culturali, per 9 anni dalla definizione delle competenze professionali. Ogni ritardo, ogni rimessa in discussione dei principi, ogni spostamento delle date ha significato un oggettivo abbassamento delle competenze necessarie per accedere alla procedura e in ultimo, per quelli che ne avevano effettivamente diritto, una perdita di opportunità a causa dell’ingresso nel mercato di soggetti non qualificati.
Detto questo, no…non siamo contenti dei risultati dell’elenco, ma riteniamo che sia necessario e che in questo momento non sia immaginabile un’alternativa. Riaprire i termini del bando oppure annullarlo significherebbe calpestare le competenze dei professionisti acquisite grazie alla propria formazione e alla propria esperienza maturata in anni di attività, non tenere conto dell’impegno dei giovani che studiano 5 anni per ottenerla, e significherebbe, soprattutto, rigettare tutti nel caos che ha regnato fino al 28 dicembre 2018, rimandando il riconoscimento dei propri requisiti a data a definire.
E’ evidente a tutti che all’interno dell’elenco ci siano delle differenze dovute a formazioni eterogenee rispetto alle quali si dovevano riscontrate le effettive competenze di ciascuno per formare un unico elenco. Questo era il compito del MiBAC (per il quale abbiamo atteso anni), che ben sapeva di conferire un’ abilitazione all’esercizio della professione secondo le competenze del DM 86/2009.
E’ doveroso, dunque, che NOI, cioè i professionisti riconosciuti in una forma di autoregolamentazione tutta da costruire, continuiamo a perseguire lo scopo per cui abbiamo combattuto per anni e troviamo la forza di attuare quanto necessario per portare tutti i restauratori di beni culturali qualificati a svolgere a pieno diritto la professione di “restauratore dei Beni Culturali”.
CD ARI